Intervista al Prof. Ettore Jorio, docente dell Università della Calabria, uno dei massimi esperti italiani di diritto sanitario.
A cura di Patrizia Gallo per le rubriche Macro/Scenari e Cultura Economica di @euroeconomie
1) La lotta alla Covid-19 ha richiesto ai singoli governi di fare tutto il possibile per proteggere la salute dei propri cittadini. Per gli Stati membri dell'UE, ha significato lavorare tutti insieme per aiutare le persone ad uscire dalla pandemia e superare i propri confini per svolgere un ruolo di sostegno anche agli altri paesi. Era la prima volta che si verificava una perfetta coesione tra gli Stati dal punto di vista sanitario?
Il Covid 19, prima che fosse riconosciuto l’elemento costitutivo della più pesante pandemia che ha colpito il Pianeta, ha diviso il mondo della scienza. Con questo, ha disorientato le scelte della politica esercitata da chi era a capo degli Stati membri dell’UE e della Commissione europea.
Dopo l’anzidetto clima di incertezza e disorientamento su che cosa fosse e sui metodi per poterla combattere, la Commissione Europea si è resa parte attiva nel determinare misure di contenimento della diffusione del Coronavirus. Una attività, questa, esercitata attraverso strumenti di sostegno finanziario ai sistemi sanitari nazionali e di tutela nei confronti dell’avverso impatto socioeconomico causato dalla pandemia in atto.
Rafforzamento della profilassi internazionale, potenziamento dele reti assistenziali territoriali e dell’offerta ospedaliera di terapia intensiva e semintensiva, incentivazione della pratica vaccinale unitamente alla lotta alle ingiustificate resistenze sono stati gli obiettivi mirati decisi dall’UE sul piano salutare.
Diversamente ha fatto per contribuire a superare la naturale crisi produttiva e dei consumi derivanti dal grave stato pandemico. Al riguardo, ha offerto l’occasione agli Stati membri di attivare politiche solidariste, per lo più fondate su contribuzioni risarcitorie dei danni prodotti dall’inevitabile stato di fermo che lo stesso ha determinato nella dinamicità del mercato.
Insomma, sono risultate produttive, oltre alle più generali pretese unionali di adeguamento dei diversi sistemi della salute nazionali, le aspettative e le misure poste alla base della Next Generation Eu. e le soluzioni individuate nel Recovery Fund.
Una ottimale combine provvedimentale, unica nel suo genere, che sta offrendo - seppure in modo e in una comprensibile consistenza economico-finanziaria differenziata sulla base del danneggiamento sociale patito - ai Paesi membri di sviluppare e attuare programmi di rinnovamento sistemico da perfezionare entro il 2026.
2) L'UE ha finanziato progetti di ricerca che miravano a migliorare i test o a trovare percorsi per fornire un vaccino. Parte delle forniture di vaccini sono state finanziate tramite lo strumento di sostegno di emergenza, che aiuta i paesi dell'UE nella loro lotta contro la pandemia. Può spiegarci meglio il meccanismo che si è messo in moto per ottenere 2,3 miliardi di dosi di vaccino?
Relativamente alla pratica vaccinale e, precedentemente, all’impegno speso dall’Unione Europea per pervenire alla individuazione di un vaccino sicuro ed efficiente, sono i risultati di oggi a certificare il buon lavoro svolto. Di certo, un esito che avrebbe guadagnato un maggiore tributo se le azioni esperite avessero trovato messi a terra sistemi sanitari più efficienti e più attenti alla prevenzione. Ciò è accaduto, specie nel nostro Paese, a causa dell’indifferenza della politica verso l’assistenza alla persona umana da assicurare sul territorio di residenza, svenduta per privilegiare l’istanza della spedalità a più alto valore aggiunto.
Mi chiede del meccanismo di incentivazione alla ricerca e di approvvigionamento unitario del vaccino messo in piedi dalla Commissione, resasi garante al riguardo nei confronti degli Stati membri.
Ebbene, quanto alla ricerca del vaccino, la Commissione e gli organismi europei - l’Ema in primis quanto ad autorizzazione del medesimo alla circolazione nei Paesi europei - si sono adoperati in termini istituzionali a che le aziende investissero bene e in fretta per pervenire al risultato sperato. Lo si è fatto, stipulando accordi preliminari di acquisto con i più accreditati potenziali produttori per un totale di 2.7 miliardi di euro, da considerarsi acconti pro quota sui successivi acquisti da perfezionarsi (così come è poi avvenuto) a cura dei singoli Stati membri. Il tutto, asseverato da pratiche accompagnatorie garanti della qualità, sicurezza ed efficacia dei prodotti vaccinali autorizzati, in linea con quanto recato nella relativa strategia UE del 17 giugno 2020.
Sul fronte, dell’acquisizione si è, pertanto, perseguito l’approccio centralizzato della Commissione, intervenuta a nome proprio ma per conto dei Paesi rappresentati. Ciò allo scopo di perseguire almeno due obiettivi: il primo, quello di garantire le forniture e facilitarne la distribuzione, il più possibile capillare e uniforme; il secondo, di offrire l’opportunità di assicurare equamente il prodotto a tutti i Paesi, avendo l’opportunità di intervenire al riguardo con metodologie perequative in favore di quelli a basso Pil e a minore ricchezza diffusa.
3) Nel maggio 2020, l'UE ha organizzato un evento per raccogliere tra donatori internazionali cifre considerevoli, arrivando ad ottenere 16 miliardi di euro, che ora vengono utilizzati per aiutare i paesi a basso reddito ad accedere ai vaccini. Dei 16 miliardi di euro, 11,9 miliardi di euro sono stati promessi dagli Stati membri dell'UE, dalla Commissione europea e dalla Banca europea per gli investimenti. Le sinergie funzionano solo intervenendo a questi livelli, o anche le relazioni tra gli stati membri e la necessità di fare fronte comune hanno accelerato il processo?
L’iniziativa della Commissione europea di organizzare una maratona solidaristica per lo sviluppo e la distribuzione del vaccino Covid-19 nonché la ricerca di metodologie innovative per una diagnosi precoce e trattamenti alternativi efficaci ha mostrato un’altra faccia dell’UE. Meglio, ha dimostrato una sua rinnovata funzione dinamica e tridimensionale, dando maggiore spazio ad una nuova mission politico-solidaristica. La Von der Leyen è riuscita ad unire sotto il suo ombrello migliore Capi di Stato, di Governi, i più importanti manager, istituzioni e aziende di tutto il Mondo per ivi contribuire alla più commovente «colletta» pubblica. Il risultato è stato dirompente ed esaltante. Dai 7,5 miliardi immediati si è arrivati ai 16 miliardi - che Lei ha ben precisato nella sua domanda - dei quali quasi 12 promessi dai 27 Stati che compongono l’UE, in offerta graduale e proporzionata alle ricchezze possedute.
La sua domanda mi affascina, sia da tecnico che da europeo. Anzi mi fa sognare, finalmente, un mondo migliore. Certamente, mi auguro con tutto me stesso che una siffatta iniziativa, piena zeppa di generosità e sensibilità solidaristica, possa divenire una abitudine istituzionale. Il modo per costituire il più bel girotondo internazionale, ove a tenersi tutti per mano si prendano a cuore e lavorino per risolvere i drammi ricorrenti vissuti da troppi.
La povertà lo esige, così come lo esigono gli ultimi avvenimenti aberranti, vissuti da oltre due mesi di guerra in Ucraina, direttamente produttiva di una strage di persone umane, bambini e non. Di persone, soprattutto donne a bambini, costrette a girovagare, spesso senza sosta e senza meta, con il sogno di tornare in patria per onorare le tombe, rispettivamente, di mariti e figli. Non solo. Lo esigono l’economia,
con una inflazione che pare inarrestabile, e la qualità della vita, oggi a secco della fornitura di gas e affini.
Insomma, che l’ingrediente della solidarietà rappresenti la componente principale della ricetta politica dell’Unione Europea e oltre.
4) L’efficienza dimostrata dalla risposta globale dell'UE si è concretizzata nel programma Team Europe per aiutare le nazioni partner nell'affrontare le proprie sfide. Sostegno umanitario nei paesi colpiti, in particolare nei settori della salute, dell'acqua, dei servizi igienico-sanitari e della logistica. Basandosi sull'esperienza
precedente dei focolai di Ebola e Zika, l'UE ha lavorato per rafforzare le capacità di risposta dei paesi con sistemi sanitari fragili. Attraverso l'Organizzazione Mondiale della Sanità sono stati forniti anche dispositivi di protezione per gli operatori sanitari nei paesi più vulnerabili. Senza gli aiuti ai paesi più poveri non si uscirà dalla crisi pandemica, indispensabile globalizzazione di mezzi e risultati?
Il Covid 19, meglio la sua vis distruttiva, è ancora da comprendere e, purtroppo, da registrare in termini di saldo dei morti e del patologie post-pandemiche, che si presumono verosimilmente essere tante e non lievi. Pensare di risolvere le cose all’interno dei confini nazionali e europei, sarebbe il più pericoloso errore di ipotesi. Porterebbe ad immaginare e attuare tesi del tutto erronee e inadeguate. La lotta va globalizzata. Guai a circoscriverla ovvero, peggio ancora, a suppore che i ricchi posseggano la soluzione rispetto ai poveri. Il virus, sia il Covid 19 che quelli che gli succederanno, faranno quella uguaglianza che l’uomo generosamente auspica nelle sue teorie ma che non è stato capace di realizzare e, forse, neppure immaginare. La Terra d’Africa ne è la dimostrazione.
Dunque? Io personalmente non credo all’incidenza positiva delle mega
organizzazioni deputate alla salute&Co. Le ritengo dei carrozzoni inutili, creati a tutto vantaggio, economico e rappresentativo, di chi li partecipa.
L’esempio offerto dall’UE, nella sua dimensione governativa interpretata dalla Commissione, mi convince di più. Molto di più. Mi ha affascinato. Il suo scendere per le strade dell’Europa e oltre, sino ad arrivare a fare mediazione diplomatica nella guerra in atto, mi ha entusiasmato, portandomi a credere molto nella sua dimensione forse «artigianale» ma concreta e realisticamente solidaristica. Ebbene, un insieme di queste cose dovranno costituire la garanzia solidale globalizzata.
L’approccio Team Europa, inizialmente nato per fornire tempestive risposte UE al Covid19, per sostenere i Paesi partner, rappresenta un percorso strumentale importante per avviare una produttiva cooperazione internazionale. Magari intrapresa alla insegna della anzidetta «artigianalità istituzionale» più consona ad affrontare la realtà con i giusti mezzi, tenendo conto del nuovo panorama geopolitico e conquistando via via un ruolo di primo piano sulla scena mondiale, da spendere con un occhio particolare al continente africano.
5) La Conferenza Stato-Regioni ha approvato il 17 dicembre 2020 le “Linee Guida con le Indicazioni per l’erogazione delle prestazioni in telemedicina”. Il sogno di “rendere omogenea l’erogazione di prestazioni essenziali in medicina, attraverso una logica definitoria di regole comuni, vocate all’uniformità che, in tema di salute, è uno dei principi costituzionali più violati sino ad oggi.” Questo scriveva lei sulla stampa. Vuole spiegarci come avverrà in concreto, con il supporto del PNRR e l’attivazione della piattaforma sanitaria nazionale?
Televisite, telereferti, teleconsulti, telemonitoraggi e chi più ne ha ne metta. Questo è ciò che ho scritto su Il Sole 24 Ore. E qui lo ribadisco.
La sanità digitale è certamente il futuro, ma non in solitaria. Tutt’altro. Assumerà, infatti, il ruolo della complementarità e dell’integrazione. A monte ci sarà sempre e comunque il diagnosta, il clinico dal volto umano. L’unico che c’era una volta, cui bastava guardarti negli occhi, sulla pelle, alla punta delle unghie per capire cosa avessi. Quasi una RMN a-tecnologica, ma con la grande prassi di visitarti anche a casa con il sorriso sulle labbra nel sorseggiarsi un caffè.
Scrivevo convintamente su QuotidianoSanità che la medicina, quella che occorre all’individuo, è paragonabile al ciclismo. E’ vero, a quest’ultimo, occorrono biciclette più leggere, tutine antivento sofisticate, caschi fantascientifici, tanti integratori, ma occorrono soprattutto le gambe. I Coppi, Bartali, Merckx sono diventati quelli che erano, dei giganti, per le loro gambe. I primi due nella povertà più assoluta del dopoguerra; il secondo anche con l’uso delle tecnologie introdotte nel ciclismo da un altro grande: Anquetil.
L’ingresso stressato in medicina della tecnologia, soprattutto nel processo di diagnosi, facilita il contatto a distanza. Il tutto con la televisita e, dunque, con la trasmissione in un corto batch dei dati clinici refertati dai medici di prossimità e tradotti in formato digitale.
Il Piano Nazionale della Ripresa e Resilienza (PNRR) e l’attivazione della piattaforma nazionale - che dovrà portare a regime l’accertamento online e i successivi esiti delle cure, generando così la parte essenziale del fascicolo sanitario elettronico riferito ad ogni cittadino e ricondurlo, quale strumento fondamentale, nel sistema della tessera sanitaria - dovranno imporre le regole nel loro insieme indissolubile.
Ad un siffatto progetto, il peggior male che può capitare è tuttavia la verosimile frantumazione legislativa delle Regioni e la corsa di tanti governatori alla imitazione di Bartali, Coppi e Merckx, senza però possedere le loro gambe.
Le Linee Guida approvate nel dicembre 2020 in sede di Conferenza Stato-Regioni, allo scopo di rendere omogenea l’erogazione di prestazioni essenziali in medicina. Speriamo che si riesca nell’intento.
6) Dai "Modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale" contenuti nel Dm 70 del 2015, che ha approvato il “Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi alla assistenza ospedaliera” siamo arrivati al Dm 71 solo per non perdere poco meno di 10 miliardi dal Pnrr, Missione 6, Componente 1. Può spiegarci meglio cosa cambierà in concreto e quali sono le sue perplessità in merito?
Il nuovo progetto di assistenza sociosanitaria territoriale fonda le radici nel potenziamento del distretto sanitario, in quanto tale da essere ridefinito dalle Regioni aggiornando le loro leggi di dettaglio, con ovvia previsione di quella quadro nazionale. Ciò dal momento che lo stesso incide segnatamente nella sua configurazione erogativa attraverso l’insediamento in esso di importanti strutture e iniziative: le case di comunità (CdC), gli ospedali di comunità (OdC) e le centrali operative territoriali (COT).
Una tale neo-organizzazione sarà strumentale a generare un nuovo modello di erogazione sociale dell’assistenza di prossimità, in quanto tale garante di una maggiore attenzione alla persona umana da esercitarsi nei luoghi in cui alla stessa abbia fissato la propria dimora abituale.
Nel particolare riguarderà:
- la Casa di Continuità, che è da intendersi, in una mera logica di linguaggio sostitutivo di quello pregresso, la concretizzazione integrata e corretta delle già Case della salute, ovunque disegnate a proprio piacimento creativo e, spesso, disintegrativo dei sistemi preesistenti. Essa verrà a concretizzarsi mediante una struttura fisica che garantisca ovunque un’assistenza multidisciplinare primaria, assicurata da personale dipendente e comunque a disposizione del Servizio sanitario regionale, anche in regime convenzionale;
- l’Ospedale di Comunità da ritenersi, nonostante la denominazione più vicina alla spedalità, una struttura sanitaria fissa della rete territoriale. Erogherà prevalentemente assistenza infermieristica, a ricovero breve destinata a pazienti cui necessitano trattamenti sanitari di media e bassa intensità clinica comportanti degenze brevi;
- la Centrale Operativa Territoriale, che è la grande vera novità del disegno prodotto, da intendersi lo strumento organizzativo per la corretta distribuzione dell’individuo bisognoso di ricorrere alle cure del sistema della salute, in quanto tale rappresenta la struttura funzionale dedicata alla presa in carico della persona umana, cui assicura l’accesso intelligente e ponderato sia ai servizi territoriali che a quelli ospedalieri esercitando il raccordo tra le relative strutture aziendali disponibili, ivi compreso il Dipartimento di prevenzione.
Di questo importante trittico innovativo, sono da ritenersi prioritarie e fondamentali, per assicurare gli interventi centrati sulla persona umana in risposta ai problemi di salute, singoli e delle comunità di appartenenza, le COT. Iniziative, più o meno strutturali, rappresentative di un modello organizzativo di coordinamento della presa in carico della persona con i servizi e professionisti deputati alla erogazione di tutto ciò che le occorre nel contesto di vita.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) dà una generosa mano a che se ne realizzino tante nel Paese. Al riguardo, sono mancate delle attente analisi, preventive e progettuali della loro ideale consistenza, sulla loro attualità ad assicurare un accesso guidato all’erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) occorrenti.
Ecco perché, rispetto alle altre due strutture (CdC e OdC) pronosticate nella loro attivazione per il 2025, le COT dovranno essere rese funzionanti entro il 2023. Ciò perché il suo intervento collaborativo dovrà essere reso nell’immediatezza ad una sistema della salute che risulta a valle molto carente e profondamente scoordinato. Il maggiore rischio, nell’esercizio quasi surrogatorio delle COT dei vecchi medici di famiglia, è quello di “robottizzare” la presa in carico della persona umana, attraverso un rapporto sempre più distante dal suo medico di base. Quel professionista che è dalla medesima persona umana liberamente scelto per le sue intrinseche caratteristiche umane e professionali, tanto da consegnargli il proprio corpo, la propria psiche e la propria anamnesi e quella del proprio nucleo familiare.
Dunque, un rapporto difficile da concretizzare e certamente da evitare che venga a caratterizzarsi come una specie di algoritmo, inteso nel senso di procedura sistematica distributiva dell’assistito in una ulteriore fase assistenziale, cui affidare le sue sorti più prossime e non solo. Insomma, necessita che il ruolo svolto dalle Cot non sia quello di favorire l’occasione per il medico di “fiducia” di scaricare il proprio generoso assistito, che ha riposto in lui il massimo della fiducia, così come raramente accade che lo stesso non venga più seguito nelle sue vicende di ricovero.