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I progressi della ricerca scientifica innovativa nelle aree UE in ritardo di sviluppo

21/05/2022 13:50

Euroeconomie

Euroeconomies, Macros/Scenarios, Economic culture,

I progressi della ricerca scientifica innovativa nelle aree UE in ritardo di sviluppo

Intervista al Prof. Barberi, Ordinario di Fisica Applicata e Direttore del Dipartimento di Fisica dell'Università della Calabria. A cura di Patrizia Gallo

Grande è il debito di attenzione accumulato negli anni dai notevoli progressi della ricerca scientifica innovativa nelle aree europee riconosciute in ritardo di sviluppo dalle politiche di coesione UE che, come noto, includono le regioni meridionali del nostro Paese.

In questo quadro, Il board di Euroeconomie  ritiene di interpretare senso e spirito dell'integrazione europea, promuovendo iniziative informative che incoraggino la crescita reputazionale di atenei, enti, iniziative pubbliche e private nel campo della ricerca  e dell'innovazione. L'economia della conoscenza come volano di sviluppo del Sud del Paese, si fonda sulla rete di questi centri di ricerca e della loro interazione con omologhe realtà in ogni parte del mondo. 

Si succederanno sulla nostra piattaforma focus sulle eccellenze meridionali in ricerca ed innovazione di rango europeo.

Patrizia Gallo ha inteso segnalare al board le attività di una esperienza di eccellenza nella ricerca scientifica in Italia e accogliamo con grande piacere sulla piattaforma l'interessante intervista al Prof. Riccardo Barberi, Ordinario di Fisica Applicata e Direttore del Dipartimento di Fisica Università della Calabria.

 

Prof. Barberi, iniziamo da un riferimento ai trascorsi più recenti per far comprendere meglio il settore di ricerca applicata del suo Dipartimento.

Nel 2019 il Prof. Roberto Bartolino, già docente di Fisica Applicata e fondatore del Gruppo di Fisica Molecolare, dopo 40 anni di studio e risultati eccellenti del suo gruppo,

va in pensione: si organizza un evento internazionale anche per ricostruire l’attività prodotta nei quattro decenni, svolta con un numero sempre crescente di valenti ricercatori. Sin dagli anni ‘90 ad esempio, si sono creati dei Network Europei nel campo dello studio dei cristalli liquidi e loro applicazioni. Nel 40esimo è stata presentata la punta di diamante della ricerca del gruppo in Unical, la Cyber Physical Security. Una ricerca applicata di tipo interdisciplinare, che mette assieme diversi aspetti tutti collegati alla sicurezza. In pratica, i paradigmi della Cyber Security applicati al mondo reale.

Utilizzata, ad esempio, per garantire Tracciabilità,

Riconoscimento e Autenticazione di prodotti di vario tipo: industriali, biomedicali, del made in Italy che hanno bisogno di essere tutelati dalle frodi presenti sui mercati internazionali.

Basti pensare che in Europa il valore del mercato delle frodi equivale al Pil europeo.

Pericolo reale, ad esempio, per medicinali contraffatti, o per il made in Italy, danneggiati dalla vendita di copie o prodotti non originali, non autentici. La ricerca propone lasoluzione concreta di etichette intelligenti che funzionano come le impronte digitali, difficili o impossibili da riprodurre.

 

1) A questo proposito si è creato un sistema chiamato “PUF” in gergo ingegneristico, con funzioni fisiche applicate ad oggetti reali non clonabili. Può spiegarci in concreto in cosa consiste? Risulta corretto affermare che si creano delle mappe digitali che

somigliano alle impronte digitali umane per ogni oggetto, non riproducibili neanche da chi li produce? Ricorrendo a quali settori di studio e ricerca? Quindi con etichette economiche è possibile proteggere in modo adeguato oggetti particolari come i farmaci, con una impronta digitale per ogni confezione o addirittura includendola nel prodotto?

PUF significa Physical Unclonable Function, cioè funzione fisica non clonabile. In pratica è un sistema fisico caratterizzato da elementi casuali, abbastanza complesso, da non poter essere riprodotto nemmeno da chi lo produce, non a basso costo almeno. È un nuovo approccio alla sicurezza di qualunque prodotto, che può in pratica esser dotato di una propria “impronta digitale” unica. Si tratta di smart tag, cioè etichette intelligenti, che non solo permettono di ricevere informazioni sul prodotto, ma lo rendono unico e riconoscibile. Queste etichette possono, per esempio, essere interrogate con i sensori di uno smartphone, permettendo in tempo reale al semplice consumatore di identificare un prodotto senza possibilità di errore o ambiguità. Queste etichette di nuova concezione hanno diversi modi di lettura e quindi diversi livelli di protezione e alcuni di questi possono essere mantenuti segreti, permettendo quindi

riconoscimenti di tipo overt (aperti a tutti), covert (nascosti) e forensic (di valore legale). Il nostro approccio è di tipo ottico, fotonico o plasmonico, con l’utilizzo di materiali avanzati, ma economici, quali i cristalli liquidi, i polimeri, i coloranti, i materiali fluorescenti, le nanoparticelle, i meta-materiali e tante altre varianti. Per il momento sviluppiamo etichette che non sono incorporate nel prodotto da proteggere, ma stiamo pensando anche a soluzioni embedded, soprattutto per la filiera agroalimentare. Il nostro motto è “low cost solutions for high value protection”, cioè “soluzioni a basso costo per una protezione di grande valore”.

 

2) Quali sono le collaborazioni fattive con NTT DATA, Poste, Zecca, e collaborazioni internazionali con aziende interessate a questi progetti?

Nel passato abbiamo collaborato con l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, ma da qualche anno la principale collaborazione è con Poste Italiane. In questa collaborazione sono coinvolte altre aziende, quali il Centro Sviluppo Materiali di Roma, Ecor International, tra l'altro fornitore tecnologico privilegiato di TetraPak, Net Service.

La stessa Tetrapak è già venuta a trovarci ed è stato solo a causa della pandemia che questa collaborazione è poi rallentata, ma ora vogliamo riprendere.

 

3) Nel Dipartimento è nato anche un nuovo progetto PON (Programma Operativo Nazionale) per garantire la sicurezza della catena alimentare? Una filiera di

prodotti alimentari non contaminata da zinco con impronte digitali uniche, di grande interesse per le attività internazionali? Può spiegarci in cosa consiste in pratica?

Si tratta del progetto Demetra, Sviluppo di tecnologie di materiali e di tracciabilità per la sicurezza e la qualità dei cibi, ammesso ad agevolazione tra i progetti di Ricerca Industriale e Sviluppo Sperimentale nelle 12 aree di specializzazione individuate dal PNR 2015 – 2020.

DEMETRA si prefigge di migliorare la sicurezza e la qualità dei cibi tramite la messa a punto di tecnologie innovative per il loro trattamento, marcatura e tracciatura.

Marcatura e tracciatura sono ottenute con un approccio di Cyber Physical Security, con sistemi informatici basati su architettura blockchain e avanzate soluzioni crittografiche per tracciare tutti gli eventi salienti relativi all’intera filiera di produzione, trasformazione, trasporto e vendita prodotti. Il sistema di marcatura è basato su oggetti che, per la loro microstruttura, sono intrinsecamente non riproducibili, cioè sono Physical Unclonable Functions.  Applicati sulla confezione assoceranno in modo univoco uno specifico prodotto alle informazioni contenute nel sistema di tracciatura, costituendo quindi un potente strumento anticontraffazione.

 

4) L’interesse è puntare ad estendere la collaborazione con altri centri, ad esempio francesi. che si occupano di prodotti come la Smart Paper, carta con particolari

caratteristiche? Può spiegarci le particolarità di questi prodotti?

Sì, abbiamo già contatti. La smart paper è peraltro una delle nostre specializzazioni. Stiamo anche pensando a percorsi formativi comuni con università francesi con doppio riconoscimento del titolo, per esempio nell’ambito della nuova Laurea in Scienza e Ingegneria dei Materiali.
D’altronde abbiamo già avuto scambi di studenti di dottorato di ricerca in quest’ambito sia in Olanda che in Portogallo, per esempio, in centri di ricerca di rilevanza internazionale.

 

5) Sulla stampa in questi giorni si dà grande rilievo ad una statistica relativa ai migliori dipartimenti delle Università internazionali. “L’Università della Calabria entra per la prima volta nel ranking di QS, Quacquarelli Symonds, che fornisce un'analisi comparativa delle prestazioni di 1543 università in 88 Paesi del mondo. L’Unical è tra le 4 new entry italiane per Fisica e astronomia. In particolare per quanto attiene al subject "Physics & Astronomy" figura tra le 28 università italiane oggi presenti in classifica nell’area.” Si è stupito nel ritrovare il suo Dipartimento nelle prime postazioni? In passato la Calabria e i suoi Atenei non raggiungevano posizioni rilevanti.
Cosa è cambiato negli ultimi anni? Mentalità, migliore organizzazione, maggiori fondi a disposizione della ricerca?

In genere, non sono molto attratto dalle classifiche. Ritengo che la qualità vada realizzata a prescindere da queste, che troppo spesso si muovono su linee guida di breve termine, poco compatibili con i processi della ricerca e della didattica universitaria, che invece hanno necessità di tempi lunghi e molto lavoro. La classifica del QS World University però è stilata sulla base di due indicatori principali: i valori bibliometrici e la reputazione all’estero. Il primo misura l’impatto nella ricerca internazionale delle pubblicazioni scientifiche prodotte e il risultato del dipartimento di Fisica dell’Unical è davvero lusinghiero, confrontabile con le migliori istituzioni nazionali e internazionali. Le reputazioni dei ricercatori e dell’istituzione sono invece stabilite con interviste a livello internazionale e su questo aspetto dobbiamo migliorare, dobbiamo farci conoscere di più. A tal fine stiamo realizzando progetti che possano agire da attrattore internazionale, come è il caso dell’infrastruttura di ricerca STAR, centrata su una innovativa grande macchina a raggi X, nel campus di Arcavacata. Non mi sono pertanto stupito che il nostro Dipartimento abbia la capacità di impatto che è poi risultata dall’apparire nella classifica del QS World University, ma ritengo che possiamo ancora migliorare e che lo faremo. La mentalità è quella del primo giorno in cui è stato avviato il dipartimento di Fisica dell’Unical dai suoi padri fondatori. Non dimentichiamo che è successo solo 50 anni fa, un nulla sulla scala delle istituzioni accademiche.

Eppure, ci stiamo conquistando un posto oggettivamente di rilievo con il lavoro giornaliero, che va appunto avanti da decenni. Le risorse sono sempre poche rispetto alle necessità, ma sappiamo utilizzare con profitto i bandi competitivi anche se, sinceramente, ritengo che la ricerca di base dovrebbe essere più sostenuta.

 

6) Dalla sua esperienza anche recente, quali i settori che hanno consentito di raggiungere risultati tanto soddisfacenti? In Fisica o Astrofisica, ad esempio?

Nel dipartimento di Fisica dell’Unical, che è composto da soli 54 ricercatori/docenti stabili, spiccano i risultati di ricerca nei campi dell’astrofisica, della fisica delle alte energie, della scienza e tecnologia dei materiali, dell’energia, che sono a loro volta declinati in diverse tematiche specifiche, che si intrecciano tra loro e con altre competenze dell’ateneo, soprattutto in ambito chimico e ingegneristico, in un tentativo di massimizzare la multidisciplinarietà.

 

7) L’impegno economico di privati è stato utilizzato accanto a quello pubblico per arrivare a progetti rilevanti come “STAR”? Può spiegarci in cosa consiste e da chi è finanziato?

I progetti di ricerca industriale, come Demetra, prevedono sempre un cofinanziamento privato. Nel caso di Demetra questo è in media del 50%, quindi è chiaro che su un valore complessivo per le imprese di oltre 5 milioni di euro, quasi la metà sono obbligatoriamente di provenienza privata. Se le imprese non fossero interessate ai risultati dell’attività di ricerca, non ci sarebbe modo di convincerle ad investimenti così rilevanti. Abbiamo anche esempi di cofinanziamento o finanziamento totale di borse di ricerca, di borse di dottorato e di contratti di ricerca. Da diversi anni non si tratta più di eventi sporadici, ma di collaborazioni ormai strutturate e che hanno carattere di continuità.

STAR invece è un intervento totalmente pubblico, senza cofinanziamento diretto, che mira a realizzare nuove infrastrutture di ricerca in Italia per offrire servizi avanzati alla comunità scientifica, ma anche al mondo produttivo.

Siamo orgogliosi del fatto che questa infrastruttura, ormai in dirittura di arrivo, sia stata inserito tra le 18 considerate di interesse strategico nazionale nel Programma Nazionale delle Ricerche 2014-2020 e poi ripresa in quello 2021- 2027.

 

8) I giovani ricercatori calabresi, dopo la laurea conseguita in Calabria, in quale percentuale si trasferiscono all’estero? Cosa fare in concreto per invertire la tendenza?
Dipende molto dalla tipologia di laurea. Per i laureatiin fisica è assolutamente naturale trascorrere dei periodi all’estero e cominciare anche a lavorare all’estero. È un aspetto positivo. Il problema sorge per le difficoltà oggettive a fare rientrare queste menti in Italia, anche se ultimamente è un po’ meno difficile che in passato. È poi bassa la nostra capacità attrattiva di persone formate all’estero ed anche questo è un elemento che va migliorato aumentando la nostra reputazione, come facciamo per esempio con programmi quali STAR.

 

9) Sinergie con il territorio, ritenute insufficienti in passato per uno scambio proficuo tra pubblico e privato, oggi garantiscono una reale collaborazione tra settore privato, professioni, amministrazioni locali e ricerca universitaria?
L'Europa, non solo l'Italia o la Calabria, soffre di una riconosciuta scarsa capacità a ricavare valore dalle conoscenze avanzate che produce e quindi di scambi non abbastanza proficui tra pubblico e privato. È un problema strutturale. Strumenti come i dottorati industriali, i progetti proof of concept tra pubblico e privato, le aziende spinoff o le startup tecnologiche sono mezzi che provano a superare questo gap, ma non è affatto facile. Il mondo anglosassone, USA e UK in primis, è molto più efficace di noi in questo esercizio, e si vede. In Europa ognuno deve fare la sua parte, anche noi dalla Calabria, senza facili entusiasmi, ma nemmeno con senso di inferiorità.

 

10) Sono previste delle giornate di apertura dell’Ateneo al territorio, per spiegare anche ai cittadini quali programmi avete in cantiere e quali obiettivi vi siete posti? La Trasparenza, in concreto, come si realizza nell’Ateneo?

L’ateneo è molto sensibile al cosiddetto public engagement, ne è prova l’impegno profuso nell’organizzazione annuale della Notte dei Ricercatori. Il dipartimento di Fisica è da sempre in prima linea in questo campo con l’organizzazione di masterclasses tematiche, la ultradecennale esperienza nei programmi per le lauree scientifiche in collaborazione con le scuole secondarie superiori, la partecipazione ai festival della scienza, come quello famosissimo di Genova, ma anche il Premio Cosmos, oggi sostenuto dalla Città Metropolitana di Reggio Calabria. Abbiamo poi convenzioni ed accordi con diverse strutture territoriali, dai distretti tecnologici alle associazioni che si occupano di scienza e/o tecnologia, spesso sostenute dai nostri ex studenti. La trasparenza è un soggetto delicato. Da una parte è un obbligo di Legge, che viene soddisfatto rendendo pubbliche procedure e risultati di tutti gli atti amministrativi, dall’altra è un impegno morale, perché troppe volte gli atenei sono considerati “torri d’avorio” isolate e questo paradigma va abbattuto.

 

11) I fondi destinati alla ricerca hanno, per la maggior parte, provenienza europea o statale? La legislazione europea prevede una ripartizione tra i vari Paesi: ritiene sia congrua ed equamente distribuita?

I fondi destinati alla ricerca sono di provenienza regionale, nazionale ed europea. A volte fondi europei sono distribuiti sia per via nazionale che per via regionale. Non dimentichiamo comunque che anche i fondi europei vengono in buona parte dai cittadini italiani. L’Italia nel passato ha contribuito più di quanto ha ricevuto. Ora sembra ci sia una certa inversione di tendenza, ma non saprei dire se diverrà strutturale o se è solo un fenomeno momentaneo.

 

12) Anche le collaborazioni con la Nasa per il progetto denominato “Thor” e con l’Agenzia spaziale europea (ESA) sono state realizzate nel suo Dipartimento? La guerra in Ucraina ha bloccato o rallentato qualcuno dei suoi o di altri progetti di ricerca?

Sì, anche la proposta di progetto internazionale Thor, acronimo di Turbulent Heating ObserveR, con la NASA e l’ASI, vede la partecipazione di ricercatori del nostro dipartimento di fisica e in particolare del gruppo di astrofisica. THOR, nella mitologia scandinava, era il dio del tuono, capace di dare ordine al caos, oggi è il nome di un avveniristico progetto scientifico per la costruzione di un satellite spaziale che mira a svelare alcuni dei segreti del nostro sistema solare e del Sole stesso.

Le collaborazioni internazionali del dipartimento di Fisica hanno storicamente coinvolto sia ricercatori ucraini che russi, per cui per noi questa guerra è particolarmente dolorosa e ci tocca davvero da vicino, così come tocca direttamente colleghi che stimiamo e che consideriamo amici. È un’assurdità che deve essere fermata prima possibile. Non possiamo però dire che abbia rallentato o bloccato alcuno dei nostri progetti di ricerca.

 

13) Se potesse chiedere liberamente alle Commissioni europee che si occupano della gestione dei finanziamenti alle Università europee: quale tipo di attenzione particolare e per quale settore specifico?

Chiederei attenzione per la ricerca di base, che è troppo trascurata in ogni ambito. È la ricerca di base che produce le conoscenze da cui poi si possono ottenere anche i risultati applicativi e che danno sviluppo. Oggi si è troppo concentrati sulle ricerche industriali ed applicate, che però

necessitano della linfa vitale che non può che essere fornita dai risultati della ricerca di base non finalizzata.

Senza questa attenzione, il limone della conoscenza sarà spremuto al punto da non fornire più succo. Rischiamo di diventare sterili. Sono davvero preoccupato di questo.


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