EN - The 2024 Nobel Prize in Economics has been awarded to Daron Acemoglu, James Robinson and Simon Johnson. The first two were made famous above all for the enormous success of their book in March 2012, Why Nations Fail: The Origins of Power, Prosperity, and Poverty.
The two academics working at MIT and Chicago had a great response in terms of sales and critical acclaim globally with their book, so much so that it was awarded as “best business book of the year” by the Financial Times. The volume published in the non-fiction section by a subsidiary of a large international publisher was translated into Italian by Il Saggiatore in 2013.
Understanding why such inequalities exist and what their causes are is the declared objective of the book “Why Nations Fail”.
The great inequalities on a global scale are evident to everyone, even to the inhabitants of the poorest countries. According to Doran Acemoglu and James Robinson, we need a theory about why some nations prosper, while others fail or are poor.
The two authors in this volume that summarizes «fifteen years of joint research» propose their thesis by arguing that «the countries of the world have a different capacity for economic development because of their different institutions, the rules that influence the functioning of the economy and the incentives that motivate individuals» (p. 85).
To demonstrate their theory, the two authors, accompanying us on a compelling journey of fifteen chapters in universal history, from civilization to civilization.
IT - Il premio Nobel per l'economia del 2024 è stato assegnato a Daron Acemoglu, James Robinson e Simon Johnson. I primi due sono stati resi celebri soprattutto per l'enorme successo di un loro libro del marzo 2012 Why Nations Fail: The Origins of Power, Prosperity, and Poverty.
I due accademici in forze al Mit e a Chicago, ebbero un grande riscontro di vendite e di critica a livello globale con il loro libro, tanto da essere premiato come “best business book of the year” dal Financial Times. Il volume pubblicato nella sezione saggistica da una sussidiaria di un grande editore internazionale è stato tradotto in Italia da Il Saggiatore nel 2013.
Comprendere perché esistono simili disuguaglianze e quali siano le loro cause è l’obiettivo dichiarato del libro “Perché le nazioni falliscono”.
Le grandi disuguaglianze su scala globale sono evidenti a tutti anche agli abitanti dei paesi più poveri. Secondo Doran Acemoglu e James Robinson abbiamo bisogno di una teoria sui motivi per cui alcune nazioni prosperano, mentre altre falliscono o sono povere.
I due autori in questo volume che compendia «quindici anni di ricerche congiunte» propongono la loro tesi adducendo che «i paesi del mondo hanno una diversa capacità di sviluppo economico per via delle loro differenti istituzioni, delle regole che influenzano il funzionamento dell’economia e degli incentivi che motivano i singoli individui» (p. 85).
Per dimostrare la loro teoria i due autori, accompagnandoci in un avvincente viaggio di quindici capitoli nella storia universale, di civiltà in civiltà.
Dagli inca e i maya, distrutti dal colonialismo spagnolo, dall’Impero romano alla Venezia medievale, al devastante impatto della tratta degli schiavi sull’Africa tribale, dalla Cina assolutista delle dinastie Ming e
Qing al nuovo assolutismo di Mao Zedong, dall’Impero ottomano alle autocrazie mediorientali, potenti oligarchie hanno estratto risorse dalla società dominate scegliendo di difendere privilegi piuttosto che
avviare un percorso di benessere per tutti. Di converso alcuni paesi hanno saputo cogliere le opportunità della storia a dimostrazione che la nascita di sistemi politici inclusivi e pluralisti diffonde la crescita economica a ogni latitudine: l’Inghilterra della rivoluzione industriale, la Francia rivoluzionaria e napoleonica, la nascita della democrazia negli Stati Uniti e, in tempi più recenti, il Brasile di Lula, dimostrano che si può prendere la strada dell’emancipazione politica e sociale e cambiare in meglio i destini economici delle nazioni.
Alla base delle valutazioni date dai due autori ai sistemi sociali esaminati è l’esistenza di un rapporto sinergico tra istituzioni politiche e istituzioni economiche e che le istituzioni, siano esse politiche o economiche, si distinguono quindi in inclusive e d estrattive.
Per “inclusive” Acemoglu e Robinson intendono invece le istituzioni che permettono, favoriscono e incoraggiano la partecipazione della maggioranza della popolazione ad attività economiche, facendo
leva sui talenti e sulle abilità. La qualità inclusiva delle istituzioni è data dal rispetto del diritto di proprietà privata, da un sistema giuridico imparziale e una tale quantità di servizi, tale da generare per
ciascun cittadino uguali opportunità di accesso ai processi democratici e di mercato.
Per “estrattive” i due autori intendono le istituzioni che comportano una realtà sociale fondata sullo sfruttamento della popolazione e sulla creazione di monopoli. Così facendo, riducono gli incentivi e la
capacità di iniziativa economica della maggior parte della popolazione.
Affinché una comunità civile possa prosperare e funzionare nel migliore dei modi, alla qualità inclusiva delle istituzioni economiche deve essere associata una gestione dei poteri pubblici in gradi di assicurare
alcuni servizi pubblici: le infrastrutture, le strade e le più avanzate reti di comunicazione, e tutto ciò che consenta a merco, persone ed idee di circolare e alle attività economiche di svilupparsi e progredire.
Uno dei fattori chiave che contribuisce all’emergere di istituzioni economiche inclusive è il sistema politico istituzionale a cui spetta di stabilire le regole del gioco che “presiedono la struttura degli
incentivi nell’ambito politico”. In definitiva, sono le regole che stabiliscono chi detiene il potere, come è detenuto, per quali fini ed entro quali limiti esso possa essere esercitato; sono le regole che determinano come registrare la rappresentanza politica, come articolare la distribuzione del potere e delle competenze all’interno dello Stato. Le società prosperano quando il potere è distribuito, non concentrato e soggetto a regole certe e ordinatamente posto entro limiti costituzionali, ovvero con un impianto politico istituzionale di tipo pluralista laddove una pluralità di fazioni e di gruppi aventi interessi contrastanti (rule of law) gestisce l’esercizio del potere il che favorisce un potere diffuso e
distrbuito e impedisce la concentrazione del potere in mani di pochi. Per Acemoglu e Robinson un assetto politico istituzionale è inclusivo nella misura in cui presenta i caratteri di sufficiente centralizzazione e di massima pluralità possibile, mediante un’articolazione sussidiaria del regime di governance poliarchica; qualora dovesse venir meno almeno uno di questi due elementi, avremmo a che fare con istituzioni politiche di tipo estrattivo.
Acemoglu e Robinson sostengono che ci sia una perversa sinergia tra i sistemi politici estrattivi e le istituzioni economiche estrattive delle quali le oligarchie politiche si servono in genere anche per la propria sopravvivenza politica. Di contro, le istituzioni politiche di tipo inclusivo, avendo come propria ragione sociale la distribuzione del potere, tendono a rendere la vita difficile alle istituzioni economiche
estrattive.
In sintesi possiamo concludere affermando che al centro dell’analisi sviluppata da Acemoglu e Robinson, nel loro fortunatissimo libro vi è una teoria in base alla quale la qualità inclusiva delle istituzioni economiche sarebbe all’origine della ricchezza di una nazione e che tale qualità dipenderebbe, a sua volta, dalla stessa delle istituzioni politiche, disegnando in tal modo il “circolo virtuoso” della prosperità.
Antonio De Chiara @euroeconomie.it