Guido Maria Brera, con i Diavoli, Dimmi cosa vedi tu da lì, Solferino, Milano 2022
Recensione di Antonino Andreotti per la rubrica Cultura Economica di @euroeconomie
Dimmi cosa vedi tu da lì è un romanzo keynesiano, originale e spesso avvincente, utile, colto e scorrevole, dove il racconto, il saggio e squarci di personalissima intimità s’intrecciano felicemente. Alla luce del conflitto tra i devoti del libero mercato e i fautori dell’intervento pubblico nell’economia, Guido Maria Brera rievoca l’appassionato magistero, l’incommensurabile lascito culturale e morale di Federico Caffè, celebre e indimenticato professore di politica economica alla Sapienza.
Tornato a Roma, dopo una ventennale permanenza a Londra, l’autore insegue lo spirito del suo grande maestro, misteriosamente scomparso nella primavera del 1987.
Lasciati alle spalle i grattacieli del distretto finanziario di Canary Wharf, Brera si aggira per piazze, strade, viali, università e perfino anfratti della città eterna che ora percepisce ostile e sfigurata.
Scomparsa improvvisa, inquietante e apparentemente inspiegabile quella del prof. Caffè, autorevolissimo esponente della scuola keynesiana. Scomparsa che Brera attribuisce alla sua disperata amarezza di fronte al dissolversi di un’epoca e delle sue speranze, della civiltà possibile, dei punti fermi in politica economica e sociale, del miglioramento generalizzato delle condizioni di vita e dei diritti sociali di cittadinanza.
È infatti negli anni Ottanta, epoca di restaurazione, segnata da un pesante arretramento culturale, che nel mondo anglosassone prendono forma la mistica neoliberista, il pensiero unico, l’euforia irrazionale della finanza magistralmente illustrata da R. Shiller. E, nell’Europa continentale, il rigorismo ordoliberista, l’ossessione del pareggio di bilancio, i tagli a investimenti e spesa sociale.
Nel nostro e in tutti i paesi sviluppati, ne seguono disoccupazione, umiliazione del mondo del lavoro, inedite disuguaglianze sociali con povertà diffusa e faraonici arricchimenti, destrutturazione dei servizi pubblici e del ruolo sociale dei ceti medi. È da questo tempo cattivo e ingiusto che fugge Caffè, mentre prendono corpo i fantasmi contro cui ci aveva messo in guardia per decenni.
Una globalizzazione violenta e pervasiva, il susseguirsi di crisi finanziarie e sanguinose recessioni, la diffusione di una cultura perversamente individualista, il degrado delle istituzioni pubbliche, l’estrazione di valore dal lavoro e dall’ambiente, a profitto della rendita, distruggono il tessuto sociale e il pianeta: la modernità liquida sconvolta da flussi incontrollabili, scrive Z. Bauman.
Il primo decennio del nuovo millennio marca, però, un’irreversibile inversione di tendenza. Il crac finanziario del 2007-08 innesca la Grande recessione che destabilizza le nostre società e scredita i miti economici e culturali del fondamentalismo di mercato.
Per fronteggiare il crollo produttivo, qualche anno dopo le Banche centrali di entrambe le sponde dell’Atlantico inondano i mercati di liquidità. Il quantitative easing salva il dollaro, l’euro e iberna i debiti sovrani; ma, lungi dal risolvere la crisi del debito – debito privato assai più che pubblico, per la verità – apre le porta all’inflazione che ipoteca il futuro, rendendo esclusivi e inaccessibili ai più le chiavi di un progresso equo, i beni strategici per il domani come la formazione e la salute.
E mentre gli adepti della religione neoliberista annunciano una fantomatica ripresa, il secondo decennio si apre nel terrore seminato dal virus Sars Covid-19: l’era del contagio che corre veloce lungo le reti del commercio mondiale e lungo le rotte del transito di esseri umani.
Al culmine della pandemia che cambia il mondo e smentisce i paradigmi del pensiero unico, Brera s’imbatte nel saggio A Reconsideration of Fiscal Policy in the Era of Low Interest Rates di Jason Furman and Lawrence Summers (l’eminenza grigia del capitalismo americano).
Un paper che smonta i dogmi della politica economica imperante negli ultimi decenni, che suggerisce di finanziare in deficit massicci investimenti pubblici, onde rinvigorire le economie occidentali, senza appesantire il peso del debito grazie ai bassi tassi d’interesse. In un tale contesto, infatti, l’abbattimento del deficit, invece di avvantaggiare i nostri posteri, potrebbe essere la causa del loro impoverimento.
Furman e Summers – conclude Brera – hanno tracciato la linea, hanno annunciato la fine di un ciclo che pareva senza fine e segnato l’inizio di un’altra epoca.
Una proposta che rilancia l’impianto classico keynesiano e che guida ancora una volta i passi dell’autore al Castro Laurenziano, alla ricerca di un’ultima, immaginaria, lezione del suo maestro.
E nell’aula 5 della facoltà di economia, le parole sussurrate del prof. Caffè tornano a conquistare la mente degli studenti di allora, gli economisti di oggi: se il capitalismo rimane il nostro sistema benché da un decennio all’altro si rinnovi la promessa di abbatterlo, allora conviene che funzioni, il capitalismo.
Siccome le crisi sono sempre endogene al sistema – altro che cigni neri! – sia che abbiano origine dalla finanza, sia che abbiano origini naturali, sia che provengano dalle guerre; siccome quelle del nostro tempo si prospettano più devastanti che mai, alla cura bisogna anteporre la prevenzione.
Ed ecco che, accanto all’ombra di Caffè si profila ora quella di Ezio Tarantelli che rafforza e vivifica l’impianto teorico del maestro con il suo approccio pragmatico e con la sua passione civile.
È urgente potenziare i servizi pubblici, d’importanza primaria per i ceti medi e medio-bassi; ripristinare i veri diritti degli uomini e delle donne: diritto all’istruzione, all’assistenza sanitaria, alla casa; e accrescere la produttività del nostro sistema produttivo.
Ed è vitale costruire un’Europa fondata sulla solidarietà reciproca, su una politica fiscale espansiva e anticiclica, su misure come il Next Generation EU. Non tanto per rimediare ai cosiddetti fallimenti del mercato, quanto per prevenire le catastrofi, ambientali e belliche, cui l’Umanità sta andando incontro: al cospetto della minaccia d’estinzione, scrive Brera, bisogna proteggere tutti.Perché, come l’estinzione, la salvezza non può che essere collettiva.
Dimmi cosa vedi tu da lì è un libro godibilissimo e insieme d’intensa riflessione. Con leggerezza ci porta a spasso tra passato e presente, per schiudere infine una prospettiva di ragionevole speranza. E si scorre tutto d’un fiato. Per poi tornare a leggere quei passaggi profondi che ci erano sfuggiti.
I riflettori dei media economici, rimbalzano da Washington a Francoforte.
Con bassa crescita e inflazione alta, lo spettro della stagflazione si riaffaccia in Europa. La Bce, responsabilmente, sta agendo sulle aspettative, prefigurando nella scorsa riunione in anticipo le proprie azioni future.